L’Asinara è un’isola di 52 km quadri di estensione situata nella parte nordovest della Sardegna. Ha un perimetro di coste di 110 km che si distinguono in due zone costiere molto diverse tra loro da un punto di vista morfologico e paesaggistico.
La parte orientale, prevalentemente granitica, presenta coste basse e sabbiose con insenature protette e idonee alla balneazione.
La parte occidentale, battuta dal maestrale, è prevalentemente scistosa, ha coste alte e frastagliate che colano a picco sul mare, non ha deriva sabbiosa ma si mostra con la maestosità delle sue falesie, fondali rocciosi ed elevate profondità.
L’intero territorio dell’isola è PARCO NAZIONALE e AREA MARINA PROTETTA.
L’Asinara è diventata Parco nel 1997, lo stesso anno della definitiva chiusura del carcere, grazie alle sue importanti peculiarità naturalistiche rimaste pressochè integre ed incontaminate per via della presenza di una realtà carceraria che ha segnato l’isola per più di un secolo: dal 1885 al 1997.
La presenza del carcere ha fatto in modo che l’Asinara, negli anni del boom turistico, si salvasse da fenomeni distruttivi come la speculazione edilizia e la conseguente eccessiva cementificazione, così come dalla smisurata presenza di turisti con servizi annessi.
Chi approda all’Asinara ha la possibilità di provare la sensazione che il tempo si sia fermato e di godere del contatto con una natura selvaggia, aspetto sempre meno comune.
Non sono poche le specie endemiche che si possono esplorare ed ammirare sull’isola: quelle relative alla flora e alla fauna terrestre in un territorio popolato da animali selvatici che si muovono in totale libertà tra la macchia mediterranea, e quelle inerenti ai suoi fondali marini dove le praterie di posidonia oceanica la fanno da padrona, creando un meraviglioso habitat per numerose specie, tanto che immergersi nelle acque cristalline dell’Asinara significa entrare in un fantastico acquario naturale.
Il fondamentale ruolo del Parco è quello di continuare a preservare la presenza delle diverse specie con azioni volte alla tutela e alla conservazione oltre che alla sensibilizzazione verso un sistema di prevenzione e sostenibilità ambientale. Viggono dunque le regole comportamentali indirizzate in tal senso insieme ad un’importante zonizzazione che divide sia l’area terrestre che quella marina in diverse aree a seconda della fragilità degli ecosistemi presenti: zona a, b, e c, zona 1, 2 e 3, a partire da quelle dove sono consentite maggiori attività umane per finire con le zone a riserva integrale dove è totalmente vietato l’accesso dell’uomo.
Alla bellezza del suo territorio e del suo mare fa da contorno la storia di quest’isola, una storia dura e complessa fatta di un vissuto sofferto, spesso presenza ingombrante, che contribuisce a donare all’Asinara un fascino particolare fatto di un’atmosfera suggestiva e sensazioni uniche.
Ogni pietra, ogni muro, ognuno degli stabili o dei ruderi presenti racconta qualcosa di forte, parte di una memoria storica che si respira ad ogni passo percorrendo le strade dell’isola.
Indubbiamente quella del carcere è la memoria più viva e più rilevante, ma non è la sola.
L’insularità, la posizione e la forte esposizione alle intemperie hanno sempre fatto sì che l’Asinara avesse parecchie difficoltà di insediamento; se a questo aggiungiamo le decisioni prese dall’alto sulle destinazioni d’uso da attribuire all’isola, capiamo il perchè, nonostante la sua distanza irrisoria dall’isola sarda, essa non sia mai andata realmente in direzione di una vera e propria urbanizzazione, rimanendo per lungo tempo un’isola sconosciuta, sede di confino e prigionia.
Nonostante ciò non si può dire che non ci siano stati tentativi di popolamento e, facendo un veloce excursus storico, notiamo come non c’è un’unica epoca storica in cui non sia stata provata la presenza dell’uomo sull’isola.
La prima attestazione della presenza dell’uomo sull’isola è attestata al neolitico recente (3500 AC); risalgono infatti a questo periodo i ritrovamenti di strumenti in selce e ossidiana, ma soprattutto delle “domus de janas”, ipogei funerari scavati nella roccia calcarea.
Inutile dire che il ritrovamento di oggetti agropastorali nella parte più pianeggiante e fertile dell’isola, con delle tombe nelle vicinanze, non può che provare la presenza di una popolazione agropastorale del neolitico, pur non potendo quantificare e accertare la quantità e la tipologia dell’insediamento.
Andando avanti col tempo, paradossalmente, sull’isola non è stata mai rinvenuta la presenza di nuraghi, ma la presenza dell’uomo in epoca nuragica è ampiamente provata dal ritrovamento di diversi oggetti, tra cui un bronzetto raffigurante un bovino. Difficile quindi l’ipotesi che sull’isola non ci sia stata la costruzione di nuraghi, più probabile l’idea che nel tempo siano andati distrutti e gli siano state date nuove destinazioni d’uso, come ad esempio la concreta possibilità che le successive popolazioni di pastori abbiano costruito ovili da quelle stesse pietre ormai in disuso. Da non escludere l’eventualità che un possibile scavo possa far tornare alla luce tali ruderi, dal momento che la blindata realtà carceraria ha sempre escluso qualsiasi tipo di campagna archeologica. Lasciando la preistoria e addentrandoci nelle prime epoche storiche, l’Asinara inizia ad apparire nelle carte nautiche già in epoca fenicio greca per poi diventare un approdo noto ai navigatori delle diverse rotte commerciali del periodo romano, grazie alla sua posizione ad arco frontale al più noto approdo navale di Turris Libissonis, l’attuale Porto Torres, colonia fondata proprio dai Romani. Di questo periodo portano testimonianza i fondali dell’isola soprattutto in prossimità di Cala Reale dove i più curiosi, a soli 6 metri di profondità, possono ammirare il relitto di un’imbarcazione romana con un notevole carico di anfore rinvenuto intatto e riposizionato in sicurezza in qualità di Museo Sommerso, negli anni 90, dagli esperti della Sovraintendenza Archeologica di Sassari.
Il primo periodo medievale, oltre che dalla comprovata presenza di un monastero di monaci camaldolesi nell’area di Cala Sant’Andrea, è ben segnato dall’ancora visibilissima presenza di un castello risalente a quell’epoca; nella granitica collina di Fornelli si innalza infatti IL CASTELLACCIO, fortificazione presumibilmente risalente alla fine del 1100, la cui edificazione viene attribuita, in maniera incerta, da alcuni storici ai Malaspina e da altri, alla famiglia genovese dei Doria. L’edificio è stato appositamente costruito in modo altamente strategico, sfruttando la naturale parete rocciosa, tanto che arrivando dal mare si fa fatica a riconoscerlo, mentre la visuale dall’alto del castello è perfetta su tutto il golfo.
L’ultima parte del medioevo e l’inizio dell’età moderna sono segnati soprattutto dalla presenza sull’isola di tre torri “saracene”, costruzioni che risalgono alla fine del 1500 inizi 1600, quando la Sardegna, sotto la dominazione spagnola, doveva difendere le proprie coste dalle incursioni saracene, visto che la sua posizione centrale nel mediterraneo ne faceva una delle prede preferite delle razzie del mondo arabo. Le torri, oltre che funzione d’avvistamento, avevano l’importante ruolo di comunicazione tra territori distanti, motivo per cui erano posizionate in modo tale da formare un circuito, per cui la prima torre da cui veniva avvistato l’arrivo di un’imbarcazione nemica lo comunicava alle altre con i segnali di fumo provocati dalle bocche da fuoco di cui ogni torre era provvista. I militari delle torri dell’Asinara potevano essere quindi i primi a far partire l’allarme che metteva in allerta gli uomini delle torri dell’isola Piana, di Stintino, di Porto Torres o di Castelsardo.
Bisogna arrivare dunque all’età moderna per poter parlare di una vera e propria popolazione stanziale all’Asinara, dopo i diversi tentativi falliti. E’ proprio in quest’epoca, infatti, che già dalla seconda metà del 1700 iniziarono a trasferirsi sull’isola, in maniera quasi contemporanea, due etnie di origine e abitudini diverse. Iniziarono infatti a popolare l’Asinara diverse famiglie di pescatori, soprattutto di origine ligure, che videro nella grande pescosità delle coste dell’isola, una grande risorsa da sfruttare, e pastori di origine sarda che utilizzavano invece il territorio interno per il pascolo del loro bestiame. Le due popolazioni non tardarono ad amalgamarsi e vivere sull’isola sfruttando lo scambio dei loro prodotti.
Arrivò però il 1885, anno in cui il decreto ministeriale emanato dal Re Umberto I di Savoia e firmato dal ministro De Pretis stabilì che la popolazione presente dovesse abbandonare l’isola perchè questa sarebbe diventata a breve una Colonia Penale Agricola e una Stazione Sanitaria Marittima Quarantenaria.
La stazione Sanitaria, che vide uno dei sui periodi più tristi durante il campo di prigionia degli AustroUngarici della Prima Guerra Mondiale, ebbe vita fino agli anni 40, mentre la Colonia Penale segnò il destino dell’isola per più di un secolo chiudendo soltanto nel 1997.
Il sistema carcerario della Colonia Penale Agricola era prettamente basato sul recupero e la rieducazione del detenuto verso il lavoro ed era presente, dislocato in diverse diramazioni carcerarie, su tutto il territorio dell’isola.
Dagli anni anni 70 in poi, in contemporanea alla Colonia Penale, l’Asinara fu sede di una realtà carceraria molto più dura e complessa, quella del CARCERE DI MASSIMA SICUREZZA, dove nei diversi anni, sulla base dell’articolo 90 e del 41bis, furono portati vari esponenti del terrorismo italiano degli anni di piombo e delle diverse associazioni mafiose.
Il 1997 ha segnato la fine della lunga epoca carceraria e l’inizio dell’attuale gestione dell’Ente Parco Nazionale con il Ministero dell’ambiente ad indicare le direttive di tutela, salvaguardia e fruizione regolamentando di fatto una tipologia di turismo sostenibile.